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Osservare e sostenere i bambini nelle loro prime fasi di sviluppo è da sempre un compito molto complesso e impegnativo, sia per un genitore che un’insegnante. In ogni momento, infatti, i bambini ci mettono alla prova, manifestando comportamenti che a volte ci fanno esultare e ci sorprendono, strappandoci un sorriso ma che, in altre circostanze, possono destare dubbi, perplessità, ansia e preoccupazione.

Il centro DediCare di Foligno si impegna da sempre nello studio, nella ricerca e nell’aggiornamento della pratica clinica, nel tentativo di mettere a disposizione dell’utente un servizio professionale con il più alto livello di qualità e che operi sulla base delle più recenti linee guida sia nazionali che internazionali.

A tal proposito, l’equipe multidisciplinare di DediCare ha deciso di impiegare, nel processo di valutazione, il test indicato dalle linee guida internazionali come strumento d’elezione (gold standard) per la diagnosi di autismo e dei disturbi dello spettro, ossia ADOS-II (Autism Diagnostic Observation Schedule – Second Edition).

Questo test permette di coinvolgere il bambino in attività ludiche e più simili possibile a quanto avviene nei suoi contesti di vita, nel tentativo di osservare la messa in atto di comportamenti comunicativi, sociali e relazionali che ci si attenderebbe dal bambino data la sua età cronologica e di sviluppo.

Il risultato di ADOS-II, integrato con i dati raccolti attraverso colloqui, questionari ed interviste ai genitori e gli altri test somministrati (ne parleremo in seguito nell’articolo), permetterà di porre eventuale diagnosi e di pianificare un trattamento riabilitativo volto a:

  • potenziare delle aree risultate carenti dalla valutazione;
  • sostenere i genitori;
  • creare una rete di collaborazione con la scuola;
  • migliorare la qualità di vita di tutto il nucleo familiare.

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Ma facciamo un passo indietro: che cos’è l’autismo?

1.Definizione e sintomi tipici

Posto che ogni bambino segue traiettorie di sviluppo che potrebbero leggermente differire rispetto a quelle degli altri, esistono delle tappe che, con margini di tolleranza, tutti i bambini dovrebbero aver raggiunto ad una determinata età.

Se invece si notano comportamenti in difetto (cioè bambini che non mettono in atto comportamenti tipici della loro età, ad esempio la mancata combinazione di almeno due parole o di una parola e un gesto a 24 mesi) o in eccesso (cioè bambini che mettono in atto comportamenti che non dovrebbero più essere manifestati alla loro età, ad esempio interessi per giochi ed oggetti tipici di età inferiori alla loro) o, più in generale, si osservano comportamenti che ci lasciano interdetti, risulta molto importante un’indagine precoce sullo sviluppo del bambino.

Questo poiché, laddove ci sia un ritardo o un’alterazione nell’acquisizione delle prime tappe di sviluppo, le linee guida internazionali sottolineano l’importanza dell’individuazione e dell’intervento precoci nel poter determinare la migliore qualità della vita e il miglior benessere psico-fisico possibili non solo per il bambino, ma anche per i caregiver di riferimento (genitori e insegnanti).

Per la fascia di età 0-3, ma anche per quella 3-6 che coinvolge la scuola d’infanzia, il linguaggio è senza dubbio l’abilità che più coglie l’attenzione di chi si occupa dei bambini. Quando si parla del linguaggio, tuttavia, si tende a fare molta confusione al riguardo. Ciò che comunemente si intende con questa parola, infatti, fa riferimento soltanto a quello che un bambino è in grado di produrre oralmente, mentre ad ogni individuo che si vuole relazionare con l’altro è richiesta la comprensione verbale, ancor prima della sua produzione (linguaggio espressivo).

Andando ancora di più nello specifico, sia la produzione che la comprensione linguistica prevedono diversi livelli al loro interno, che fanno riferimento agli elementi del linguaggio che il bambino ogni volta è chiamato ad elaborare. Ecco che allora troviamo la capacità di produrre e comprendere i singoli suoni del linguaggio (fonetica e fonologia), oppure le parole e i loro significati (lessico e semantica) e, infine, frasi corrette dal punto di vista grammaticale (morfologia e sintassi).

Ma ancora non basta! Infatti, i bambini non solo dovrebbero diventare esperti di suoni, parole, frasi e discorsi. Per poter comunicare adeguatamente, ad esempio, con un genitore o con la maestra (ossia, per inviare un messaggio che porti un’informazione all’altro) e poter così entrare in relazione, il bambino deve essere interessato a farlo, mostrando cioè quella che viene definita “intenzionalità comunicativa”.

Essa si esprime in diversi modi, come ad esempio l’interesse per quello che fa il genitore o la maestra, le richieste che il bambino può fare loro e l’utilizzo di tutte le strategie e le abilità di cui il bambino dispone per poter far comprendere all’altro ciò che gli interessa o di cui ha bisogno.

Capita infatti molto spesso che bambini con un ritardo nello sviluppo del linguaggio verbale fatichino a dire che vogliono un biscotto, ma utilizzano modalità alternative per farsi capire: guardano ripetutamente e in maniera alternata il biscotto e il genitore, indicano il biscotto, si avvicinano al corpo del genitore e poi al tavolo dove c’è il biscotto, ecc. Insomma, un bambino che fa questo di certo ha difficoltà nel parlare, ma non si può dire che non stia comunicando, anzi! Questo, al contrario, è ciò che solitamente risulta fragile e mancante nei bambini con disturbo dello spettro dell’autismo.

Per questi bambini, infatti, le difficoltà più grandi possono essere raggruppate in 3 grandi aree, tra di loro connesse:

  • Area dell’intersoggettività, ossia quell’insieme di abilità che permette ai bambini di mettersi in relazione con gli altri;
  • Di conseguenza, l’area della comunicazione, ossia l’insieme di modalità che permette ai bambini di inviare e ricevere messaggi, informazioni e contenuti da/verso gli altri;
  • Come ulteriore conseguenza di tutto questo, l’area comportamentale, con la messa di atto di comportamenti che a primo impatto possono sembrarci strani, bizzarri, particolari e molto ristretti, ripetitivi.
Autismo: valutazione e diagnosi

2. Indicatori da osservare nell’ambito socio-relazionale

Essendo l’autismo un disturbo del neurosviluppo e avendo dunque un’origine genetica, i bambini nascono autistici, non possono diventare autistici. Ciò significa che fin dalle prime fasi di sviluppo esistono degli indicatori, dei comportamenti che potrebbero rappresentare alterazioni nelle abilità comunicative, di interazione sociale e comportamentali.

Ma quali sono tali indicatori?

  • Anzitutto, lo sguardo del bambino. Ci si deve chiedere se il bambino è in grado di usare lo sguardo per comunicare. Per fare questo, i bambini dovrebbero essere in grado di guardare negli occhi chi gli sta parlando, spostando lo sguardo in maniera adeguata e alternata dall’interlocutore all’oggetto a cui il bambino presta attenzione o che desidera in quel momento. Dovrebbe destare sospetto l’assenza del contatto oculare durante l’interazione col bambino, oppure la presenza di uno sguardo sfuggente e che il bambino non utilizza per richiamare l’attenzione dell’adulto o dei pari.

  • Hanno inoltre difficoltà di linguaggio. L’acquisizione delle principali tappe di sviluppo del linguaggio è spesso alterata o in ritardo, possono comparire tardivamente le prime parole comprensibili e le prime combinazioni frasali. Ma la peculiarità dell’autismo non è tanto questo, quanto il fatto che il linguaggio, quando compare, è utilizzato in maniera impropria, bizzarra, non funzionale allo scambio comunicativo. Ad esempio, può essere presente ecolalia, ossia il bambino che risponde ad una domanda ripetendo la stessa domanda. L’ecolalia è anche differita, quando il bambino tende a ripetere, in maniera decontestualizzata, una frase o una parola che ha sentito in precedenza. Si presentano inoltre frasi idiosincrasiche, ossia frasi che il bambino produce in un contesto non adeguato al loro contenuto (ad esempio, ripete continuamente e a memoria la sigla di un cartone animato mentre qualcuno gli sta parlando di altro o gli fa altre domande).
  • Parallelamente, risulterà importante la modalità del bambino di fare richieste agli altri. Anzitutto, va osservato se il bambino fa delle richieste all’ambiente in cui si trova. A volte, infatti, bambini con autismo tendono a non chiedere nulla agli altri, anche ciò di cui in quel momento hanno bisogno, preferendo provare in ogni modo a procurarselo da soli anche a costo di mettersi in pericolo (ad es., non chiedono all’adulto di prendergli qualcosa che si trova in alto ma preferiscono arrampicarsi rischiando di cadere pur di prenderlo da soli). Spesso, questi comportamenti vengono scambiati per “indipendenza” del bambino, e quindi connotati positivamente da parte degli adulti. Rappresentano invece un importante campanello d’allarme. Altre volte, fanno richieste, ma in maniera impropria e inadeguata rispetto al bisogno o al contesto in cui si trovano (ad es., se non riescono ad aprire un barattolo con una caramella dentro, prendono la mano dell’adulto e la “muovono” sul tappo del barattolo come se fosse uno strumento).
  • Hanno una preferenza spiccata per giochi molto strutturati (ad es., puzzle, incastri) rispetto al gioco che impiega abilità di tipo simbolico e al gioco “del far finta” (ad es, usare un pezzetto di lego facendo finta che sia una macchina, o il cibo da dare ad un bambolotto). Gli aspetti simbolici del “gioco del far finta” sono gli stessi che stanno alla base del linguaggio verbale. Infatti, in entrambe le attività il bambino attua proprio un processo di simbolizzazione, cioè utilizza qualcosa (ad esempio un oggetto) facendo finta che sia qualcos’altro. Nel linguaggio, attraverso le parole (ossia, un insieme di suoni) noi veicoliamo dei contenuti, dei significati (appunto, qualcosa di diverso).
  • Presentano inoltre selettività alimentare. Tutti i bambini, prima o poi, vanno incontro a selettività alimentare, scegliendo cosa gli piace o cosa mangiare di più o di meno. Ma i bambini con autismo tendono a fare questo non tanto basandosi sul proprio gusto personale, ma su aspetti altri relativi al cibo, come ad esempio la consistenza (ad es., mangiano una pietanza se presentata solida, come un pezzo di formaggio, ma non quando la stessa identica pietanza viene presentata in forma liquida, come lo stesso pezzo di formaggio fuso) o la forma visiva (ad es., mangiano carne se presentata intera, non la mangiano se presentata a pezzetti piccoli). Questi bambini dunque evitano deliberatamente cibi con determinati colori, odori o consistenze.
  • Tendono a mettere in fila gli oggetti, senza utilizzarli secondo la loro funzione (ad esempio, mettono in fila le macchinine ma non per farle correre, solo per ordinarle).
  • Si ha la sensazione che la relazione con questi bambini risulta difficile e pesante (piangono spesso, non tollerano le frustrazioni ed è difficile riuscire a gestirli).
  • Tendono ad escludere l’altro, non includono gli altri, nemmeno con la postura (ad es., si siedono di spalle, possono rispondere alle stimolazioni comunicative degli altri ma non sono propositivi nella relazione, sono bambini passivi).
  • Presentano particolari profili sensoriali, cioè sono o molto attratti da alcune stimolazioni sensoriali (ad es., luci intermittenti, rumori particolari, determinate superfici), o al contrario vanno in grande difficoltà di fronte a stimolazioni sensoriali che di norma non sono fastidiose (ad es., si tappano le orecchie se passa un’ambulanza o sentono un allarme suonare in lontananza).
Autismo: valutazione e diagnosi

3. L’importanza dell’identificazione precoce per un trattamento efficace

Osservare e riconoscere tali comportamenti come sintomi di un disturbo dello spettro dell’autismo è davvero molto difficile. Infatti, alcuni dei sintomi dell’autismo potrebbero essere riconducibili anche ad altre condizioni patologiche (ad esempio, disabilità intellettiva, ritardo o disturbo di linguaggio, ecc.), e dunque non immediatamente riconducibili ad un disturbo dello spettro.

Tuttavia, il mancato riconoscimento precoce di un disturbo dello spettro dell’autismo determina un ritardo nella presa in carico del bambino e della sua famiglia, riducendo dunque l’efficacia degli interventi riabilitativi.

Anche e soprattutto per questo ad oggi risulta sempre più importante l’attività di prevenzione e riconoscimento precoce di tale condizione.

Questo può avvenire soltanto grazie ad un percorso di valutazione neuropsicologica e del linguaggio mirata e specifica, che si ponga l’obiettivo di indagare non soltanto le competenze linguistiche del bambino ma anche la sua intenzione e abilità nel comunicare e nell’entrare in relazione con l’altro.

Ma come funziona una valutazione di questo tipo presso il centro DediCare?

4. La valutazione all’interno del centro DediCare

I genitori del bambino vengono inizialmente convocati per un primo colloquio con il neuropsicologo, attualmente responsabile del centro per le aree della valutazione ed educativo-riabilitativa del neurosviluppo. Scopo di questo primo incontro sarà l’accoglienza della famiglia, l’analisi della domanda portata in valutazione e la ricostruzione della storia del bambino, che includa l’anamnesi medica, fisiologica, familiare e di sviluppo.

Particolare attenzione sarà posta sulle competenze comunicative del bambino, sulle sue abilità linguistiche, sulle modalità di gioco e sull’atteggiamento generale del bambino nei confronti degli adulti e dei suoi pari. Ai genitori potrebbero essere somministrati dei questionari, utili in queste situazioni a raccogliere in maniera più puntuale tali tipi di informazione.

Inoltre, tali questionari potrebbero essere inviati anche alle insegnanti a scuola, con l’obiettivo di raccogliere informazioni sul funzionamento del bambino in contesti di vita diversi da quello domestico.

Successivamente, il neuropsicologo definisce il percorso di valutazione coinvolgendo gli altri membri dell’equipe multidisciplinare, i quali devono essere adeguatamente formati sul disturbo e le sue modalità di intervento (altri psicologi/psicoterapeuti, logopedista, terapista della neuro e psicomotricità, educatore/tecnico ABA). Solitamente, vengono a questo punto effettuate le seguenti valutazioni di approfondimento:

  • valutazione logopedica, finalizzata alla ricostruzione del profilo linguistico del bambino. Scopo della valutazione è quella di indagare, attraverso la somministrazione di test standardizzati in un contesto ludico, le capacità sia nella produzione che nella comprensione, per tutti i livelli che caratterizzano il linguaggio verbale:
    1. fonologia
    2. lessico e semantica
    3. morfologia e sintassi
    4. pragmatica
  • valutazione neuropsicologica, finalizzata all’individuazione dell’età di sviluppo e dell’età mentale del bambino. In questa sede, attraverso la somministrazione di test standardizzati e l’osservazione del gioco autonomo e interattivo, si vuole ricostruire il profilo cognitivo-intellettivo del bambino, le sue capacità di attenzione e memoria, le abilità nel ragionamento, la presenza o meno di auto-regolazione del comportamento, l’eventuale presenza di difficoltà sul versante emotivo (ad es., ansia, tic, ecc.), lo stile di gioco e la presenza o meno del gioco simbolico o del “far finta”.
  • Valutazione dell’intersoggettività/comunicazione (somministrazione ADOS-II), finalizzata ad osservare come il bambino si pone con l’operatore, l’eventuale presenza di comportamenti e interessi molto ristretti e ripetitivi, particolari profili sensoriali, difficoltà nell’avviare, mantenere ed ampliare la comunicazione e l’interazione con l’operatore in un contesto di gioco, la comprensione e la manifestazione delle emozioni, ecc. Si cercherà in questa sede, cioè, di creare attraverso il gioco situazioni che, di solito, mettono i bambini nelle condizioni di entrare in relazione con l’altro al fine di indagare se tali modalità comunicative risultino adeguate o meno all’età di sviluppo del bambino. Questa fase è di solito quella cruciale durante il processo di valutazione dell’autismo.

Una volta terminata la fase di valutazione, i professionisti coinvolti si confrontano, sintetizzano quanto emerso e riportano in una relazione scritta l’esito della valutazione, che viene comunicato in un ultimo colloquio di restituzione rivolto ai genitori del bambino.

Scopo di quest’ultimo incontro sarà quello di comunicare, appunto, l’esito della valutazione, accompagnare la famiglia alla comprensione di quanto emerso e proporre un progetto riabilitativo finalizzato a supportare il bambino e i genitori. … e poi?

Autismo: valutazione e diagnosi

5. L’intervento riabilitativo all’interno del centro DediCare

La diagnosi di autismo è un momento estremamente difficile, non soltanto per il bambino ma anche per i suoi familiari. Risulta fondamentale in questa fase far capire ai genitori che non sono soli, e che è già pronto un programma di intervento volto ad aiutare loro e loro figlio. Di solito, i trattamenti che possono essere offerti sono:

  • Terapia logopedica, volta a potenziare non soltanto gli aspetti strutturali del linguaggio (e dunque la produzione e la comprensione di suoni, parole, frasi) ma anche quelli più funzionali, quali la pragmatica, l’intenzionalità comunicativa, i pre-requisiti della comunicazione interattiva, le abilità relazionali, ecc.
  • Terapia neuropsicomotoria, i cui obiettivi saranno quelli di favorire la comparsa di segnalatori sociali (contatto oculare, sorriso, sguardo referenziale, ecc.), aumentare i tempi di attenzione, facilitare un uso più appropriato degli oggetti, scoraggiare determinati comportamenti non funzionali (ad es., iperattività, stereotipie motorie, condotte autolesive, ecc.), ecc.
  • Intervento psico-educativo, i cui obiettivi saranno la creazione di un setting adeguato al trattamento, la costruzione di modalità comunicative funzionali, attenzione alla dimensione sensoriale, la gestione dei comportamenti problema (utilizzando anche strategie di tipo comportamentale), la gestione della frustrazione e delle emozioni più difficili, ecc.
  • Parent training e supporto genitoriale. Questo punto risulta molto importante. Da una parte, infatti, i genitori hanno bisogno di essere accompagnati nella comprensione del disturbo e dei comportamenti a esso legati, per arrivare via via all’accettazione delle caratteristiche del proprio figlio. Ma, allo stesso momento, hanno anche bisogno di lavorare assieme al team di terapisti, con l’obiettivo di costruire delle strategie ad hoc da poter essere applicate non solo nel setting della terapia, ma anche nell’ambiente di vita del bambino e risultare in questo modo ancora più efficaci. Per lo stesso motivo sarà importante che il team di professionisti che si occupa del bambino crei una rete anche con le insegnanti e con la scuola.

Attenzione! È opportuno precisare che ogni bambino ha dei bisogni specifici, pertanto non si può attuare a priori lo stesso programma di trattamento per tutti, ma questo viene di volta in volta calato ad hoc in base alle esigenze del bambino.

La valutazione e la diagnosi di autismo rappresenta spesso un ostacolo ingombrante, anche a causa dei pregiudizi e della scarsa divulgazione che si dà di questa condizione.

Avere un’idea chiara del processo valutativo e dei professionisti coinvolti nella presa in carico, ci sembra un importante punto di partenza per creare un’alleanza con la famiglia, accompagnarla e sostenerla durante questo percorso.

Il centro DediCare e la sua equipe investono proprio su questo: creare una solida rete tra famiglia e professionisti, accogliendo gli utenti provenienti non soltanto dal territorio folignate, ma anche da altre zone della provincia di Perugia e in generale da tutta l’Umbria.

RICHIEDI MAGGIORI INFORMAZIONI SU AUTISMO: SEGNALI DI RISCHIO E VALUTAZIONE

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